Partiamo da un numero: 68.
Sono i giorni che mancano al 1° gennaio 2019 (calcolati dal 24 ottobre!), data di entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica tra privati. Siamo pronti?
Non abbiamo ancora smaltito la sbornia del GDPR che già l’attenzione si è completamente spostata su questo nuovo adempimento. Via via che dalla teoria si deve passare alla pratica emergono i dubbi applicativi, e non passa giorno senza leggere notizie che generano stress, affanno, psicosi, scoraggiamento.
In questo momento siamo disorientati e disinformati. Basta frequentare qualunque gruppo social di Colleghi Commercialisti per rendersene conto.
C’è chi si sente forzato dalla propria software house (non a caso proprio lo stesso giorno del Meeting ACEF è stato diffuso un comunicato stampa dai toni molto accesi da parte di una delle nostre sigle sindacali), chi non sa cosa dire ai propri clienti, chi non sa se avrà ancora senso tenere aperto il reparto contabile o, addirittura, lo Studio (ove le due cose non coincidano!).
L’impressione è che i vari player stiano facendo una lotta senza quartiere per conquistare/mantenere un posizionamento, ma perché? L’idea è che la partita che si gioca oggi modellerà il mercato dei prossimi anni.
C’è la convinzione/timore che essere inseriti come CODICE DESTINATARIO abbinato alla partita iva di ogni singolo cliente sia l’elemento chiave del successo o del fallimento di un’intera strategia commerciale. Bisogna raccogliere quote di mercato oggi per poter attuare strategie di sviluppo domani.
Questo sul presupposto che per il singolo soggetto IVA sia una tale fatica inserire il campo CODICE DESTINATARIO nel cassetto fiscale che una volta piazzata la propria bandierina poi sia altamente probabile che là resti. Nei secoli. Probabilmente è vero, ma non è detto.
Sul punto segnalo il recentissimo annuncio dell’Agenzia delle Entrate che anticipa l’introduzione di modalità massive e semplificate per verificare e modificare in blocco il codice destinatario riferito a molteplici partite iva.
La parte indiscutibile è che sul mercato siano già oggi presenti diverse piattaforme, di secondo livello rispetto allo SDI, che in futuro cercheranno di diversificarsi sempre più nei servizi a valore aggiunto offerti, nella qualità dell’esperienza d’uso offerta. Affinché questi ecosistemi siano sostenibili dovranno avere un numero consistente di soggetti attivi e di transazioni interne, pur dovendo necessariamente essere aperti e interoperabili verso le piattaforme concorrenti (requisito base).
Un po’ come avviene da molti anni per gli operatori telefonici.
Sono partiti alcuni pionieri che hanno percepito anni fa l’impatto che prima o poi questo cambiamento avrebbe avuto sui servizi contabili. Non sapevano esattamente quali sarebbero state le regole e come si sarebbe fatto, ma era chiaro che era in arrivo uno tsunami, e che quel giorno bisognava farsi trovare pronti a cavalcare l’onda.
C’è chi, come noi, ha deciso che quel mercato non sarebbe stato interessante o, se vogliamo, adatto alle nostre caratteristiche di Studio, e ha deciso di uscirne per tempo, se del caso dando ai propri clienti il temuto consiglio suicida: “caro cliente, il miglior consiglio che posso darti è che comunque vadano le cose non sia più il nostro Studio a eseguire quel tipo di attività. Troviamo insieme una soluzione diversa”.
Si tratta indubbiamente di una bella scommessa, perché comporta la rinuncia certa a una fetta stabile di fatturato a fronte di un investimento nel rapporto di fiducia con il Cliente, nella speranza che questi abbia bisogno anche di servizi differenti, e nella convinzione di aver la competenza per poterli rendere.
Poi via via che si avvicinava la scadenza si è sperato nella proroga della proroga. Ma niente, sembra proprio che questa proroga non arrivi. Così come pare non arrivi la partenza scaglionata suggerita dai vertici della categoria. Il testo definitivo del DL fiscale, disponibile da ieri, introducendo un periodo transitorio senza sanzioni e prevedendo alcune semplificazioni, pare mettere la parola fine alla questione. Si farà.
Personalmente temo come la peste l’eventualità di una partenza a targhe alterne, perché costringerebbe tutti quanti a mantenere doppi binari (leggi doppi sezionali IVA e quadrupli processi di gestione delle fatture in entrata e in uscita) e vanificherebbe ogni possibilità di automatizzare i processi di fatturazione per poi concentrarsi esclusivamente sulle attività core.
In estate è scesa in campo l’Agenzia delle Entrate con l’offerta di una serie di servizi gratuiti (ma a che prezzo?). Ulteriori implementazioni sono attese. Questa è senza dubbio la soluzione consigliabile per prendere confidenza con la novità e per imparare, nello scenario più semplice:
• come si inserisce il codice destinatario,
• come si crea il QRCode,
• come si genera e si trasmette una fattura allo SDI,
• come si archivia,
• come si gestisce il documento in entrata,
• come si visualizza una fattura,
• come si importano i singoli XML nel proprio gestionale (ammesso di poterlo fare senza moduli aggiuntivi!).
Il limite principale è nella gestione per singolo documento, ma per entrare nel meccanismo e sviluppare un minimo di manualità questo limite potrebbe perfino divenire un vantaggio. Capire il meccanismo potrebbe rivelarsi la chiave per poi scegliere la piattaforma (o le piattaforme) più adatte alle proprie reali necessità.
Infine, alla fine di settembre è arrivato l’annuncio del CNDCEC, in piena zona Cesarini. Con un intervento a mio avviso tardivo e scomposto rischia solo di far imbestialire chi è partito per tempo e magari ha firmato contratti vincolanti a costi dieci o venti volte superiori.
Nel corso della tavola rotonda è emerso un altro tema di estremo interesse: un provvedimento all’apparenza innocuo, ovvero la facoltà prevista nella legge di bilancio in discussione di posticipare per tutti la detraibilità dell’IVA al momento di incasso, rischia di essere un cavallo di troia senza precedenti. A una lettura ingenua ci si potrebbe infatti chiedere come poter fare a reingegnerizzare il processo di registrazione contabile per intercettare il momento di pagamento senza impazzire. In realtà il potenziale pericolo è ben più grave: questo provvedimento potrebbe essere l’anticamera al trasferimento di tutta la gestione IVA, e con essa della gestione contabile, in capo agli istituti bancari, i quali evidentemente non hanno bisogno di nessun intermediario per leggere i flussi finanziari, individuare le esatte date di incasso e pagamento e sulla base di queste informazioni liquidare correttamente l’imposta sul valore aggiunto e generare i movimenti contabili conseguenti. Fine della storia.
Di più: si può ipotizzare un futuro in cui all’interno delle filiere siano i clienti a precompilare le fatture per conto dei propri fornitori, in modo da generare documenti di acquisto già conformi ai propri requisiti?
Per chi fosse interessato ad ascoltare qualche pensiero a ruota libera sul tema F.E. dopo l’incontro al Meeting ACEF può vedere il video del blocco tematico con me, Elisa Erioli e Andrea Cortellazzo qui : “Confronto sulla Fattura Elettronica” – Meeting Nazionale ACEF – 19 ottobre 2018