Cos’è un esercizio provvisorio nel fallimento?
La legge fallimentare prevede all’art. 104 uno specifico istituto per i casi nei quali sia opportuno che il Tribunale autorizzi la prosecuzione dell’attività anche dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.
Si tratta dei casi, che nella legge del 1942 erano ritenuti eccezionali, nei quali dall’interruzione possa derivare un grave danno e nei quali la prosecuzione non crei pregiudizio ai creditori. Deve quindi valere, ed essere mantenuta per tutto il periodo in cui prosegue l’attività di impresa, questa duplice condizione.
Il nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza mantiene e potenzia questo istituto, invertendo regola e eccezione. Puntando alla tempestiva emersione delle crisi aziendali, è infatti naturale che il nuovo codice dia per scontato che l’azienda possa entrare nella procedura di liquidazione giudiziale (ovvero il vecchio “fallimento”) ancora in funzionamento e che la sentenza debba quindi evitare di imporre il fermo produttivo per non pregiudicarne il valore.
Il curatore che sia nominato in un fallimento con esercizio provvisorio deve quindi preoccuparsi, per valorizzare meglio l’attivo, di mantenere viva l’attività aziendale, attuando una gestione, certamente conservativa, ma pur sempre imprenditoriale.
La nomina del Comitato dei Creditori è quanto mai utile in un fallimento con esercizio provvisorio, in quanto consente un equilibrio tra l’indirizzo gestionale (svolto dal Comitato) e il vaglio di legalità (svolto dal Giudice Delegato).
- Per l’imprenditore in difficoltà l’esercizio provvisorio può essere una valida alternativa al concordato preventivo?
- Di cosa deve preoccuparsi un fornitore che venda beni o servizi a una procedura in esercizio provvisorio?
- Di cosa deve preoccuparsi un cliente?
- Di cosa deve preoccuparsi un lavoratore dipendente?
- Di cosa deve preoccuparsi chi sia interessato a rilevare l’azienda?
In una serie di prossimi articoli cercheremo di approfondire questi aspetti sulla base delle nostre esperienze professionali.